sabato 4 settembre 2010

12 - LA TEMPERANZA DI NUCCIA

Nuccia, attraverso l’esercizio delle virtù della carità, della fede, della speranza e della preghiera, forte dell’esperienza della sua vita forgiata nel dolore, aveva raggiunto un alto grado di dominio di sé, per cui era costante in lei la sapienza dei pensieri, del linguaggio e delle scelte, il senso della misura e l’equilibrio nell’uso delle cose.

Aveva un carattere forte, dominante. Era lei che gestiva la casa con le sue idee, con le sue decisioni e i suoi inviti. Questo avveniva con naturalezza senza grida e imposizioni. Esprimeva un’autorevolezza che disarmava. In lei erano vincenti la forza delle idee, la dolcezza delle sue parole, la coerenza della vita. Sapeva persuadere con la saggezza dei suoi modi e la pazienza. A volte la cugina Teresa Chiefari reagiva alle proposte di Nuccia, come se dovesse liberarsi da una dipendenza che la impediva di crescere. Nuccia sceglieva il silenzio. La forza e la saggezza di Nuccia alla fine erano ancora una volta vincenti.

Narra Franco Megna, membro di spicco del gruppo folk: “Spesso, confidavo a Nuccia le piccole miserie che in quegli anni giovanili a me apparivano problemi insormontabili: incomprensioni e litigi all'interno e all'esterno della nostra associazione, speranze deluse, desideri di abbandono. Lei mi ripeteva sempre la stessa frase: Franco, offri ogni cosa al Signore! In Lui troverai tutte le risposte! Con gli anni, questo grande insegnamento di Nuccia non mi bastava più. Avrei voluto che Nuccia prendesse posizione, fosse schierata con le mie ragioni. Avevo una benda agli occhi per non accorgermi che le sue parole erano un ennesimo atto d'amore nei miei confronti”. Questo episodio ci conferma che Nuccia non trovasse negli appoggi umani la sua forza; era la fede che la sorreggeva nelle risposte da dare alle varie situazioni. Questa era la misura della sua coerenza di vita, della sua temperanza.



Lo stile di vita di Nuccia era improntato a semplicità e compostezza. Il suo vestire era composto dalle maglie intime, dalla gonna sino ai piedi e dallo scialle. Mai sciatta e mai odori sgradevoli. Pulizia e igiene erano nello stile di vita. Così anche le stanze della casa erano povere ma linde. Le ricercatezze non appartenevano al suo modo di essere. Il vitto era il puro necessario. Nuccia aveva difficoltà anche ad ingoiare, si limitava a poche cucchiaiate di pastina o di minestrina. Il riposo era un vero calvario. Poche ore bastavano. Era coricata da Anna accanto a se, mano nella mano. Così se avevano bisogno reciprocamente si svegliavamo. Ogni volta che Nuccia doveva spostarsi perché trovava difficoltà di respirare o perché aveva dolore, svegliava Anna e lei la poneva nella posizione più comoda. L’uso delle cose era funzionale ai vari bisogni. D'altronde non si poteva permettere che l’essenziale; esso le bastava e lei ringraziava Dio che glielo aveva donato.

Nuccia era stata educata ad accontentarsi del necessario, dono della Provvidenza. La virtù della temperanza apparteneva al suo abituale tenore di vita caratterizzato dalla moderazione e dalla semplicità. Quello che più contava nella vita era la grazia di Dio, volersi bene, essere in pace con tutti, sapere che la vita nella sua essenzialità è la cosa più bella del mondo. Nuccia, pertanto, cantava la vita e la natura. Tutto le parlava di Dio. Il di più, legato a bisogni a volte artificiosi, non le apparteneva. Questa semplicità nel vedere e nell’usare le cose nasceva certo dall’educazione, ma era anche conseguenza della visione cristiana della vita. Per Nuccia tutto passa, solo Dio resta. L’uomo più povero del mondo è colui che non ha incontrato Dio. Mai si lamentava della povertà. Anzi benediva Dio che da il pane quotidiano, gli affetti, il sole e tutte le cose belle. La vera patria, diceva, è il paradiso. Quaggiù siamo di passaggio.

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